






Per "tecnica di base" si intende un'azione specifica che compie il giocatore di pallavolo nell'ambito di uno dei fondamentali di gioco (ricezione, alzata, attaco, etc.).
Occorre precisare sin da subito che spesso si confondono le tecniche di base con i fondamentali, ma la differenza è sostanziale: ad esempio, nel fondamentale della ricezione, io posso ricevere in bagher, oppure in palleggio, oppure con un tuffo ad una mano.
Quindi la tecnica è un mezzo per giocare, è una prestazione motoria che consente di risolvere una situazione di gioco in una determinata situazione, non il fondamentale stesso!
Questa è una delle caratteristiche fondamentali della pallavolo, che non a caso è detta "open skill", perchè la tecnica non è il fine stesso della prestazione, come accade invece in altri sport (tuffi nel nuoto, ginnastica artistica, etc...).
Vengono chiamate "tecnica di base" in quanto devono far parte del bagaglio tecnico di ogni giocatore, dovrebbero essere appresi fin dai primi anni nei quali il bambino si dedica al gioco (ovvero a partire dal minivolley). Le tecniche di base, tuttavia, non permettono e non completano il bagaglio motorio di un pallavolista per sviluppare al meglio la sua capacità di gioco. Ogni giocatore deve quindi seguire un percorso specialistico: presupposti motori, tecniche relative ai vari ruoli e le zone di competenza, etc.
Tecnica e tattica sono rispettivamente i mezzi e la strategia con cui il giocatore arriva a soddisfare le pulsioni primarie del gioco e dell’agonismo. Infatti la TECNICA è l’insieme dei mezzi per giocare ed è l’espressione organico-muscolare della motricità del giocatore, mentre la TATTICA è la strategia per competere ed è l’espressione coodinativa e psicologicocognitiva del comportamento del giocatore.
La pallavolo è uno sport situazionale, ovvero due azioni successive, per quanto simili, non saranno mai identiche.
Il palleggio è una tecnica finalizzata, ovvero è generalmente l'assist che il palleggiatore mette in atto per l'attaccante che schiaccerà.
In realtà, il palleggio si usa anche in altri contesti, come in fase di ricezione o di difesa, oppure per eseguire un attacco piazzato in una certa zona per cui si tratta di una tecnica importantissima.
A seconda che la palla venga inviata davanti, dietro o lateralmente al corpo abbiamo rispettivamente il palleggio avanti, il palleggio dietro e il palleggio laterale. In generale, il palleggio è uno delle tecniche di base più importanti in quanto si impostano con esso quasi tutte le azioni d'attacco e di contrattacco.
Come tecniche specialistiche del palleggio si hanno:
La tecnica del bagher consiste nel respingere il pallone con la parte radiale o con la parte interna delle braccia unite.
A seconda delle varie direzioni in cui si muovono le braccia si avrà:
Il bagher in avanti (o frontale) è quello più utilizzato, anche perchè è quello che consente un controllo migliore della palla: è il passaggio con le braccia che invia la palla davanti al corpo.
Quando il pallone in arrivo ha una velocità limitata si accompagna il bagher utilizzando anche le gambe, in modo da imprimergli la forza necessaria per spostarlo (ad esempio in ricezione su battuta float).
Quando invece il pallone in arrivo è molto forte come in ricezione su una battuta in salto o in difesa per contrastare una schiacciata, il bagher si utilizza come piano di rimbalzo, stando praticamente immobili, in quanto la velocità va attutita o comunque limitata, per consentire il controllo successivo del pallone da parte di un compagno.
L'uso del bagher è legato alla ricezione della battuta, alla difesa e in qualsiasi altro tocco dove la palla è troppo bassa per essere palleggiata o schiacciata.
Quando nel 1952 sono apparse le prime respinte a braccia unite si è parlato di "salvataggio" non potendo classificare bene il colpo. Sono stati i cecoslovacchi ad usare per primi la tecnica delle braccia unite per respingere i palloni che arrivavano a grande velocità: le braccia venivano messe sotto la palla, come una scavatrice cioè nella loro lingua "bagher", per cui il gesto ha poi assunto tale denominazione.
La schiacciata rappresenta la tecnica base più caratteristica della pallavolo, quella più spettacolare e che generalmente piace di più ad atleti di ogni età poichè permette di "mettere la palla a terra" e di fare punto. È il colpo o lo "schiaffo" che si dà alla palla, con una sola mano, cercando generalmente di colpire il più forte possibile affinché l'avversario non riesca a giocarla.
Condizione necessaria perché una schiacciata risulti efficace, è l'esecuzione della stessa in salto, in modo da colpire la palla quando si trova più alta del piano superiore della rete. Si può saltare dal posto o con la rincorsa. Una volta effettuato lo stacco si cerca di sfruttare al massimo l'elevazione per colpire il più in alto possibile la palla onde evitare le mani del muro.
La schiacciata infatti si compone di due momenti: la rincorsa e il colpo sulla palla. La rincorsa si compone essenzialmente di due passi, o meglio, di un passo ed un balzo. Tutto ciò che precede tale esecuzione fa parte della preparazione alla rincorsa vera e propria.
Sono considerate tecnice di base evolute, varianti della schiacciata:
La battuta è la rimessa in gioco della palla in ogni azione, ed è determinante al fine della costruzione dell’azione offensiva dell’avversario per cui la possiamo identificare come il primo tocco di attacco della squadra.
La tecnica di base è il cosiddetto servizio (o battuta) float piedi a terra: in verità, nel minivolley e nelle categorie Under 12 e Under 13 la tecnica di base è la battuta dal basso, ma per consuetudine si fa riferimento alle categorie senior, per cui la float è quella considerata di base.
Sono considerate tecniche specialistiche:
Le tecniche di spostamento in campo sono importanti per la corretta gestione del campo di gioco, riduerre i tempi di intervento nella propria area di competenza e consentire poi l'uso delle tecniche di gioco. I tre passi principali sono i seguenti:
Le tecniche di oerientamento e adattamento del piano di rimbalzo del muro, non vanno confuse con il fondamentale del muro.
Le braccia vanno sempre mantenute molto vicine alla rete, facendo bene attenzione a non toccarla; devono inoltre essere iperestese, con le spalle spinte in avanti e la testa tenuta indietro, in modo tale da non perdere mai di vista il campo avversario.
Un errore comune consiste nell’incassare la testa, spostando di conseguenza lo sguardo verso il basso: vedere l'attacco è la condizione essenziale per murare.
Il muro può essere sia difensivo che offensivo: nel primo caso viene chiamato soft block o di contenimento, e ha come obiettivo deviare la palla verso l’alto, facendola rallentare in modo che sia più semplice da gestire per la difesa; in questa azione, i palmi delle mani vanno tenuti verso l’alto, con le dita rivolte all’indietro.
Si parla invece di roof block (muro a tetto) per designare una spettacolare azione offensiva effettuata al fine di reindirizzare la potenza e la velocità dell’attacco direttamente nel campo avversario.
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muro di contenimento (soft block) |
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muro a tetto (roof block) |
Nell’antica Grecia e nell’impero romano giocare a palla era considerato un piacevole passatempo, tradizione che continuò anche durante il Medioevo.
In quel periodo, si diffuse rapidamente un gioco simile alla pallavolo moderna, che sopravvisse per secoli venendo in seguito ribattezzato, nella Germania del XIX secolo, Faustball (letteralmente, “palla pugno”).
William G MorganIl 9 febbraio 1895 William Morgan, insegnante di educazione fisica del Massachusetts, inventò un nuovo sport, da lui ribattezzato minonette: questa fu l’antesignana della pallavolo moderna. Si può affermare quindi che la pallavolo sia nata negli USA alla fine del XIX secolo, ma all'epoca si trattava di uno sport ancora un po’ diverso rispetto a quello che si pratica oggi.
Infatti, l’obiettivo di William Morgan all'epoca era inventare un gioco che diventasse popolare come il basket. La dimostrazione pratica di come si giocava a minonette (termine che deriva dal francese “minon”, letteralmente “micio”, un antico gioco con la palla diffuso tra la nobiltà francese) avvenne in un college di Springfieldil 9 febbraio 1895.
L’evento non fu solo l’occasione per presentare un nuovo gioco, ma anche per puntare i riflettori su un aspetto rivoluzionario legato al modo di giocare.
Rispetto agli sport più popolari dell’epoca, infatti, nella minonette non si puntava sulla forza fisica per prevalere sugli avversari, bensì su altre capacità, come l’agilità, la velocità dei movimenti, la prontezza di riflessi e la capacità di concentrazione.
La minonette prevedeva regole semplici: la palla doveva essere toccata con le mani, per un numero di volte illimitato, e la partita si svolgeva a set.
Alfred H HalsteadNell’evoluzione della storia della pallavolo, un contributo importante è stato quello di Alfred H. Halstead, un altro insegnante di educazione fisica statunitense, a cui si deve il cambio di nome della minonette in volleyball, il 10 marzo del 1896. Fu grazie all’instancabile lavoro di Halstead, inoltre, che la pallavolo si diffuse in maniera capillare negli USA e, da lì, nel resto del mondo.
Dagli Stati Uniti, infatti, dove all'inizio non ebbe via facile, il volley cominciò a essere praticato con passione in Sudamerica, in particolare in Brasile, Argentina e Uruguay. Da qui cominciò la sua diffusione verso l’Asia: nel 1898 la pallavolo arrivò a Manila, nelle Filippine, che fu teatro delle prime schiacciate, e da lì continuò la sua irrefrenabile corsa verso la Cina (nel 1906, portata dagli insegnanti YMCA Max Exner e Howard Crockner) e il Giappone (1908), dove ottenne un incredibile successo.
Inizialmente il modo di giocare a seconda del luogo differiva per alcuni aspetti: i modi di giocare erano diversi (all’occidentale e all’orientale).
Nel 1912 viene introdotta la regola che prevede la rotazione in senso orario degli atleti.
In Europa arrivò durante la prima guerra mondiale, importata dalle truppe americane. Infatti il Dr. George J.Fisher, segretario della YMCA War work, l'inserì nei programmi ricreativi dell'armata statunitense, alla quale la Spalding & Brothers mise a disposizione ben 16.000 palloni di gioco. L'Inghilterra è il primo paese europeo ad adottare la pallavolo (1914).
Anche in Italia la pallavolo arrivò con l'esercito americano. A Porto Corsini, lo scalo di Ravenna, nel 1917-18 i soldati statunitensi della locale base idrovolanti praticarono regolarmente tale sport.
1916 George J.Fisher pubblica le nuove regole di gioco sul n° 364 dello Spalding's Athletic Library, costo 10 cents:
Nel 1922 viene introdotta la regola dei tre tocchi massimi permessi ad ogni squadra per rinviare la palla verso il campo opposto. Viene organizzato il primo campionato YMCA degli USA e del Canada, come dimostrazione tecnica per i successivi Giochi Olimpici del 1924.
Poi la disciplina cominciò ad uniformarsi, soprattutto dopo il 1938 – data in cui si impose la tecnica del “muro”: da quel momento la disciplina si uniformò con rapidità.
La Federazione Italiana di Pallavolo (FIPAV) nacque nel 1946, quando la pallavolo si cominciò a diffondere soprattutto tra i più giovani.
Nel 1947 i rappresentanti di 15 federazioni si ritrovarono a Parigi e crearono la Fédération Internationale de Volleyball (FIVB).
Ancora oggi la pallavolo ha grande seguito, soprattutto nei paesi dell'estremo Oriente (Giappone, Cina, Corea del Sud), nei paesi dell'Europa orientale e dell'Europa meridionale, e in Brasile.
Questi paesi possono anche vantare i migliori risultati internazionali sia a livello di club sia a livello di squadre nazionali. Paesi come il Brasile, l'Italia, gli Stati Uniti d'America, la Russia, la Serbia e Cuba, hanno le proprie nazionali ai primi posti del ranking sia maschile sia femminile; altri paesi possono vantare solo una squadra nazionale (maschile o femminile), ai vertici del ranking (Giappone e Cina nel femminile, Argentina nel maschile).
Molti altri paesi restano comunque ai margini e, tranne rari casi, sono sempre gli stessi paesi a contendersi gli allori dei tornei più importanti.
Nel tempo si sono succedute diverse modifiche regolamentari (dal rally point system integrale a partire dal 2000, al libero a partire dal 1997, dai provvedimenti disciplinari alle linee di campo) fino all'attuale regolamento internazionale.
Imparare i fondamentali della pallavolo può essere molto divertente. La pallavolo è uno sport unico ed emozionante che richiede un solido lavoro di squadra e un'esecuzione individuale costante.
A differenza di molti altri sport di squadra, i giocatori ruotano in diverse posizioni in campo, quindi tutti devono essere preparati a ricoprire diversi ruoli in squadra. A livello agonistico i giocatori possono specializzarsi, ma i principianti e i giocatori amatoriali dovrebbero imparare le basi di tutti i ruoli.
La pallavolo è uno sport di squadra che si pratica tra due squadre con in campo sei giocatori per squadra.
Lo scopo del gioco è realizzare punti, facendo in modo che la palla tocchi terra nel campo avversario (fase di attacco), ed impedire che la squadra avversaria possa fare altrettanto (fase di difesa).
La pallavolo viene spesso anche chiamata volley (abbreviazione del nome dello sport in lingua inglese volleyball).
La pallavolo è compresa nel programma dei Giochi olimpici estivi dal 1964 ai Giochi di Tokyo, consolidando la sua notorietà e il suo status di sport di primo livello, ed è oggi uno degli sport più praticati, soprattutto in ambito femminile.
Oltre a questo, su una spiaggia assolata, un’altra variante della pallavolo aveva catturato il cuore di milioni di appassionati: il beach volley. Questa entusiasmante versione del gioco, introdotta alle Olimpiadi nel 1996, presenta un nuovo livello di difficoltà dovuto all’imprevedibilità della sabbia come superficie di gioco.
Il Coaching nasce dalle intuizioni di Timothy Gallwey che nel suo best seller "The Inner Game of tennis", nei primi anni '70, ha focalizzato le attività sulla sfera interiore e sulla conoscenza di sé.
Qualche anno dopo John Whitmore (un noto consulente aziendale), rimase affascinato dal lavoro di Gallwey, tanto da volerlo rielaborare per il mondo aziendale. Nell’adattare il metodo di Gallwey dal mondo dello sport a quello dell’azienda si evidenziarono incredibili corrispondenze e affinità.
Fu così che a partire dagli anni ´80 le prime grandi multinazionali americane come Coca-Cola e IBM, sulla scorta delle originarie intuizioni di Gallwey e Whitmore, iniziarono ad offrire ai propri dipendenti i primi “incontri” (sessioni) di Coaching.
Verso la fine degli anni ´90 arrivarono i primi studi sugli straordinari incrementi di produttività dei manager che avevano intrapreso un percorso che combinava Coaching e Formazione. Fin dal principio fu evidente che efficacia, efficienza, performance e obiettivi, saldano il Coaching all’azione, al comportamento, ai risultati da avere sul campo.
Il Coaching consiste dunque nel "liberare le potenzialità di una persona perché riesca a portare al massimo il suo rendimento; aiutarlo ad apprendere piuttosto che limitarsi a impartirle insegnamenti" (Whitmore). Il miglior funzionamento e la resa più efficiente del Coaching avviene quando il cliente da un lato è motivato al cambiamento, dall’altro è alla ricerca delle sue migliori potenzialità.
Il Coaching si può espletare sia in ambito Business che in ambito Sportivo. Il nostro esperto, Damiano Martorelli, unisce l'esperienza di entrambi i mondi grazie alla propria pluriennale competenza multidisciplinare.
Per informazioni e/o concordare un incontro di pre-analisi delle esigenze in merito, scrivere a:
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